La regionalizzazione dei pagamenti diretti in Italia
In questa sezione si propongono i risultati delle valutazioni dell'impatto di ipotesi alternative di regionalizzazione in Italia attraverso l'uso della Banca dati RICA.
Tale scelta nasce dalla opportunità offerta dalla RICA stessa di stimare le ripercussioni della riforma sui risultati economici delle aziende del campione contabile. Grazie a tale Banca dati è infatti possibile calcolare le variazioni del reddito netto aziendale in relazione all'importo del premio ipotizzato nei diversi scenari, offrendo un'ulteriore chiave di lettura sull'impatto della riforma nell'ambito di un territorio o di un determinato ordinamento produttivo.
Uno degli obiettivi della riforma della PAC, già presente nella Comunicazione della Commissione del 2007 (COM (2007)722) di lancio dell'Health Check, è di rendere la distribuzione degli aiuti più omogenea, non solo tra Stati membri ma anche tra regioni e aziende.
La regionalizzazione può essere vista come un ulteriore approfondimento del processo di disaccoppiamento dei pagamenti diretti. Il pagamento unico ha sganciato il sostegno da quanto si produce (riforma Mac Sharry) e da cosa si produce (riforma Fischler e Health Check). La regionalizzazione sgancia il sostegno da quante risorse finanziarie si sono ricevute in passato e dal fatto di averne ricevuto o non averne ricevuto.
In considerazione del consolidamento del processo di disaccoppiamento degli aiuti dalle produzioni e del fatto che i periodi di riferimento rispetto ai quali sono calcolati gli aiuti storici sono sempre più lontani nel tempo, è infatti sempre più difficile giustificare il fatto che aziende che oggi presentano lo stesso orientamento produttivo, la medesima organizzazione aziendale e che usano le stesse tecniche di produzione ricevano un sostegno differente a causa degli aiuti che ciascuna di esse ha ricevuto (o non ha ricevuto) nel passato. Da questo punto di vista il modello regionalizzato appare più equo del modello basato sugli aiuti storici aziendali (Pupo D'Andrea, 2008).
Tuttavia, la regionalizzazione non risolve il problema della iniqua distribuzione dell'aiuto tra le "regioni" e tra gli Stati membri perchè i suoi effetti dipendono dai criteri utilizzati per ripartire le risorse. In particolare i suoi effetti redistributivi dipendono da come vengono definite le "regioni" e dai criteri utilizzati per ripartire il massimale nazionale tra le "regioni" individuate. O, forse, sarebbe più corretto dire che la scelta delle "regioni" e della chiave di distribuzione delle risorse finanziarie dipendono dagli effetti distributivi che si voglio ottenere. Infatti, la regionalizzazione, nell'ambito della "regione" di riferimento, determina una riduzione della disomogeneità dell'aiuto ricevuto dalle aziende e, di conseguenza, una più o meno marcata redistribuzione degli aiuti tra gli agricoltori, ma al tempo stesso, determina una disomogeneità dell'aiuto ricevuto dalle aziende di "regioni" diverse.
In Germania, ad esempio, è stato adottato un modello a forte contenuto redistributivo, che risponde alla volontà del governo federale di introdurre dei criteri di solidarietà tra i Länder e tra i territori. In Inghilterra, al contrario, è stato adottato un modello poco redistributivo, che mantiene separate le aree più produttive da quelle meno produttive definendo le regioni sulla base del potenziale agricolo (Pupo D'Andrea et al., 2009).
In Italia un criterio da seguire nella scelta della "regione" potrebbe essere quello di legarlo ai confini amministrativi, così che ciascuna "regione" coincida con una Regione amministrativa o con delle macro-aree più estese, come ad esempio le circoscrizioni territoriali Nord, Centro, Sud, Isole. Ma sono possibili criteri diversi da quelli amministrativi per tenere conto, ad esempio, delle caratteristiche del suolo o delle caratteristiche produttive delle aree1. A seconda di "quale" regionalizzazione si adotta, e soprattutto nel caso in cui la "regione" coincida con i confini amministrativi, si potrebbe avere una distorsione della concorrenza tra aziende dello stesso settore che operano in "regioni" diverse.
Anche i criteri scelti per distribuire il massimale nazionale tra le "regioni" individuate hanno un importante effetto redistributivo. Nella distribuzione tra Paesi delle risorse del primo pilastro della PAC, la Commissione ha scelto come criterio di distribuzione unico quello del peso di ciascun Paese sulla superficie agricola dell'UE2.
La distribuzione del massimale nazionale tra "regioni", soprattutto quando queste coincidono con le Regioni amministrative, potrebbe seguire un approccio "conservativo", così che ciascuna "regione" dovrebbe ricevere un ammontare di risorse finanziarie proporzionale all'ammontare complessivo di aiuti diretti attualmente ricevuto dalle aziende del proprio territorio. In tal caso la chiave di distribuzione è il peso che ciascuna "regione" riveste nella distribuzione dei pagamenti diretti (criterio PD). Oppure si potrebbe seguire un approccio "UE", distribuendo il massimale tra "regioni" sulla base del peso che ciascuna di esse riveste sulla SAU nazionale (criterio SAU). Quest'ultimo si configurerebbe come un criterio altamente redistributivo. Se ipotizziamo che le "regioni" coincidano con le Regioni amministrative, alcune hanno un peso sulla distribuzione della SAU molto differente dal peso che ciascuna di esse ha sulla distribuzione storica dei pagamenti diretti. Guardando alla tabella 1 si evince che, rispetto alla distribuzione storica degli aiuti, alcune Regioni risultano notevolmente penalizzate, mentre altre fortemente avvantaggiate. In quest'ultimo caso si tratta di Regioni che storicamente hanno goduto limitatamente degli aiuti PAC, vuoi per vincoli naturali (Valle d'Aosta) o per via della specializzazione in produzioni storicamente non beneficiarie di sostegno. O ancora, si potrebbe pensare ad un criterio legato al peso di ciascuna "regione" nella formazione del valore aggiunto agricolo. È, questo, un criterio sul quale l'Italia si è fortemente battuta in sede comunitaria, contrapponendolo a quello legato all'estensione della superficie per ripartire le risorse tra Stati membri, perchè caratterizzato da un maggiore legame alla "reale" importanza dell'agricoltura di ciascun Paese nel contesto comunitario. Applicato al territorio nazionale, tale criterio, come quello SAU, avrebbe notevoli effetti redistributivi visto che alcune "regioni" (se intese come Regioni amministrative) hanno un peso sulla distribuzione del valore della produzione notevolmente differente dal peso sugli aiuti diretti o anche di quella sulla superficie agricola. Si potrebbe pensare anche a criteri misti, come quello PD/SAU, che mantengano l'attuale distribuzione tra "regioni" riducendo però le "distanze" tra di esse.
In tabella 1 sono riportate alcune delle chiavi di distribuzione alternative emerse durante il dibattito che ha preceduto l'emanazione delle proposte legislative, in cui si assumeva che la regionalizzazione venisse attuata sulla base delle Regioni amministrative. Più in dettaglio:
- il criterio "pagamenti diretti" fa riferimento al peso da ciascuna detenuto da ciascuna Regione sulla distribuzione dei pagamenti diretti (pagamento unico e altri aiuti che a seguito dell'Health Check entreranno nel pagamento unico) al 2008;
- il criterio "SAU" fa riferimento al peso che ciascuna Regione amministrativa riveste nella distribuzione della SAU nazionale, quale quella che deriva dal 6° Censimento generale dell'agricoltura (aggiornato a dicembre 2012);
- il criterio "VA" si riferisce al peso di ciascuna Regione amministrativa nella composizione del valore aggiunto ai prezzi di base della branca agricoltura (VA) (media 2009-2010);
- il criterio "zone svantaggiate" fa riferimento al peso di ciascuna Regione sulla SAU ricadente nella "vecchia" definizione di zone svantaggiate. La Commissione europea, infatti, sta attualmente lavorando per proporre una nuova classificazione delle zone svantaggiate, con particolare riferimento alle zone svantaggiate intermedie, che poggia su criteri oggettivi basati su otto fattori pedoclimatici. Inoltre, nei pagamenti per le zone soggette a vincoli naturali potrebbero ricadere altre aree diverse da quelle svantaggiate;
- il criterio "superficie forestale" riprende il peso di ciascuna Regione sulla superficie forestale considerata come la superficie a bosco e altre terre boscate secondo FRA2000 dell'Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (INFC). Si sottolinea che qui si fa riferimento a tutta la superficie forestale regionale e non solo alla superficie forestale delle sole aziende, che ha una estensione più contenuta e potrebbe avere una diversa distribuzione tra Regioni;
- il criterio "Natura 2000" fa riferimento al peso di ciascuna Regione amministrativa sulla superficie (totale, non la SAU) ricadente nelle aree Natura 2000 al 2009;
- il criterio "ULA" fa riferimento al peso di ciascuna Regione amministrativa sulle unità di lavoro agricolo totali nazionali (media annua 2008, ISTAT).
Gli effetti della regionalizzazione sono differenti a seconda del margine di discrezionalità concesso alle "regioni" sulla questione dello spacchettamento degli aiuti, sia in termini di quali aiuti attivare, che di quante risorse finanziarie dedicarvi, che, soprattutto, di quale governance attuare: possibile integrazione tra fondi, su quali aree investire e quali tipo di beneficiari privilegiare3.
Tabella 1 - Italia. Criteri alternativi di distribuzione dei pagamenti diretti tra Regioni amministrative (%)
Pagamenti diretti | SAU | VA | Zone svantaggiate | Superficie forestale | Area Natura 2000 | ULA | |
---|---|---|---|---|---|---|---|
Piemonte | 8,7 | 7,9 | 7,1 | 5,6 | 9,0 | 6,4 | 7,1 |
Valle d'Aosta | 0,1 | 0,4 | 0,2 | 1,0 | 1,0 | 1,6 | 0,2 |
Lombardia | 13,1 | 7,7 | 13,9 | 3,4 | 6,4 | 6,0 | 9,4 |
Trentino-Alto Adige | 0,6 | 2,9 | 3,2 | 6,1 | 7,5 | 5,2 | 2,8 |
Veneto | 10,0 | 6,3 | 10,1 | 2,2 | 4,3 | 6,7 | 7,8 |
Friuli-Venezia Giulia | 1,8 | 1,7 | 2,1 | 0,9 | 3,4 | 2,4 | 2,0 |
Liguria | 0,2 | 0,3 | 1,6 | 0,8 | 3,6 | 2,4 | 1,7 |
Emilia-Romagna | 8,6 | 8,3 | 11,8 | 4,8 | 5,8 | 4,1 | 8,7 |
Toscana | 4,1 | 5,9 | 5,6 | 7,0 | 11,0 | 5,9 | 4,6 |
Umbria | 2,4 | 2,5 | 1,6 | 4,6 | 3,7 | 1,9 | 1,3 |
Marche | 3,6 | 3,7 | 2,5 | 3,3 | 2,9 | 2,4 | 2,6 |
Lazio | 4,4 | 5,0 | 5,3 | 5,0 | 5,8 | 7,1 | 5,0 |
Abruzzo | 1,6 | 3,5 | 2,3 | 4,0 | 4,2 | 6,2 | 3,1 |
Molise | 1,3 | 1,5 | 0,9 | 2,0 | 1,4 | 1,9 | 1,1 |
Campania | 4,5 | 4,3 | 6,6 | 5,9 | 4,3 | 6,4 | 7,6 |
Puglia | 13,4 | 10,0 | 7,4 | 5,0 | 1,7 | 7,7 | 9,6 |
Basilicata | 2,8 | 4,0 | 1,7 | 7,2 | 3,4 | 2,7 | 1,8 |
Calabria | 7,3 | 4,3 | 4,3 | 6,4 | 5,9+ | 5,2 | 6,8 |
Sicilia | 7,8 | 10,8 | 8,3 | 11,3 | 3,2 | 9,2 | 9,9 |
Sardegna | 3,9 | 9,0 | 3,6 | 13,5 | 11,6 | 8,6 | 4,0 |
Italia | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT, AGEA, INFC, MiPAAF, Ministero dell'Ambiente, Eurostat
1. Un'analisi degli effetti spaziali della regionalizzazione così come inizialmente proposta nell'Health Check sono contenuti in Pupo D'Andrea (2007) e Anania, Tenuta (2008). Nel primo lavoro gli effetti spaziali sono valutati rispetto a 3 regioni di riferimento (Italia "regione unica", Circoscrizioni e Regioni amministrative) con un livello di disaggregazione dei dati per l'analisi degli effetti redistributivi che si spinge alle singole Provincie. Un ulteriore approfondimento di questo studio (Pupo D'Andrea, 2009) valuta gli effetti distributivi anche a livello aziendale e tra ordinamenti produttivi. Nel secondo studio gli effetti spaziali vengono valutati rispetto a "regioni" individuate dall'incrocio tra le zone altimetriche (montagna, collina, pianura) e le quattro circoscrizioni territoriali (Nord, Centro, Sud, Isole).
2. Vale la pena notare che la Commissione ha scelto come superficie non la SAU derivante dall'ultimo censimento sull'agricoltura ma quella abbinata ai titoli al 2009. Avendo l'Italia applicato il criterio storico di distribuzione degli aiuti e avendo fatto slittare l'inclusione del'ortofrutta al 2010, la superficie "ammissibile" al 2009 risulta nettamente inferiore alla SAU 2010.
3. Nel Regno Unito, all'epoca della riforma Fischler, è stata mantenuta la suddivisione nelle 4 regioni amministrative, ciascuna delle quali ha deciso autonomamente il modello di pagamento unico da applicare (Galles e Scozia hanno optato per il modello storico, l'Inghilterra per quello ibrido dinamico e l'Irlanda del Nord per quello ibrido statico). Le decisioni comuni alle 4 regioni sono state quelle di partire dal 2005, di non adottare alcuna forma di parziale disaccoppiamento e di includere immediatamente i pagamenti per il latte nel regime di pagamento unico (INEA, 2006).